venerdì 18 novembre 2011

Androidi:sono tra noi.


I primi robot giapponesi furono,nel periodo Edo,le karakuri ningyo :bambole meccaniche in grado di svolgere semplici compiti come offrire una tazza di tè,suonare un flauto o scagliare frecce con arco.
Vennero prodotte tra il XVII e il XIX secolo,testimonianza di un'antica passione giapponese per gli oggetti'animati'.Il loro movimento si basava su meccanismi analoghi a quelli dei primi orologi meccanici.


Le karakuri ningyo più piccole erano un divertimento domestico di lusso per i signori feudali,mentre altre bambole erano utilizzate come marionette autonome in spettacoli teatrali e festival religiosi.

Oggi ,in nessun paese al mondo,come in Giappone,vengono immaginati,studiati e realizzati androidi,macchine con fattezze umane.Tra dieci anni-sostiene il professor Hiroshi Ishiguro dell'Università di Osaka-saranno in mezzo a noi.

Il professor Hiroshi Ishiguro(destra) con il suo geminoide

Oggi l'umanoide Asimo della Honda,fresco di festeggiamenti per i suoi 10 anni,e il cagnolino Aibo della Sony risultano ormai obsoleti.
Attualmente dalle  università e aziende giapponesi escono androidi che,ad un primo sguardo,sono spesso indistinguibili dagli esseri umani,come le androidi della serie Actroid,sviluppate sul modello di giovani donne dalla Kokoro Company in collaborazione col team del professor Ishiguro dell'Università di Osaka.
A proposito,occorre distinguere:umanoide è un robot con alcune caratteristiche umane(come testa o arti),mentre l'androide è un robot del tutto antropomorfo.

Il professor Ishiguro e un androide della serie Actroid.

La Kokoro Company elenca tutte le professioni possibili per le sue androidi:cameriera,assistente di volo,infermiera,ambasciatrice dell'immagine del Giappone.
Queste applicazioni,a sentire gli esperti,sono già dietro l'angolo.Il professor Ishiguro ha dichiarato nel documentario Mechanical Love,in parte dedicato alla costruzione del suo geminoide(un gemello robot)che già nel corso della nostra vita gli androidi entreranno a far parte della nostra società.
E,quando succederà,di sicuro sarà in Giappone,il Paese che ospita 50 dei 106 progetti su androidi attualmente in corso nel mondo.

Una 'receptionist'della Kokoro.

Per un giapponese è del tutto naturale immaginarsi il futuro insieme con i robot.Questa passione per la robotica ha radici e giustificazioni profonde,non solo tecnologiche ma anche sociali,culturali e religiose.
Dopo la difficile fase della ricostruzione post-bellica,il boom industriale portò ad un'elevatissima richiesta di manodopera,che non poteva essere soddisfatta.
Così cominciò l'impegno nei settori della robotica industriale e dell'automazione,e tutt'oggi il Giappone ne è ancora uno dei leader mondiali.
A partire dagli anni 80 governo,università ed industria hanno puntato molto anche sullo sviluppo di robot di servizio,da utilizzare per operazioni di protezione civile,nelle centrali nucleari o in ambienti estremi come le profondità dell'oceano.

Il robot Ri-man trasporta un finto paziente.

Oggi il Giappone detiene il primato nella robotica dei servizi:assistenti robotici per la deambulazione degli anziani ,ad esempio,sono già una realtà molto diffusa,e probabilmente quella del futuro.
La Hibot è una delle tante ziende che ricevono finanziamenti governativi per la ricerca della robotica dei servizi,con l'obiettivo dichiarato di realizzare tecnologie che sostengano la crescita economica giapponese.
Uno degli ambiti considerati strategici per i prossimi anni è quello dell'assistenza ad anziani o malati.
La società giapponese invecchia in fretta,e nel 2050 il 35,7 per cento della popolazione sarà costituito da ultrasessantacinquenni .
Contemporaneamente,il Giappone è molto chiuso verso l'immigrazione:ciò ridurrà  drasticamente la forza lavoro disponibile,rendendo il paese dipendente dai robot.

Androidi della serie Actroid della Kokoro Company.

In molti casi i robot da impiegare per i servizi personali hanno un aspetto umano,come Ri-man,una scelta che dipende da ragioni pratiche(un robot con ruote non può fare le scale,un umanoide bipede sì),sia da radicate tradizioni culturali.
Gli ingegneri meccatronici giapponesi sono cresciuti con il mito di Astro Boy,un popolarissimo eroe dei fumetti anni 50,un bambino robot buono,capace di imprese grandiose.
Era un simbolo della tecnologia meccanica occidentale-Spiega Gianluca Fratta ,autore del libro Robot.Fenomenologia dei giganti di ferro giapponesi.-,che non veniva demonizzata ma idealizzata,con l'obiettivo finale di dominarla.
Astro Boy si inseriva in un contesto religioso naturalmente predisposto ad accogliere senza molte inquietudini i robot.

Il geminoide Dk,il primo ispirato ad un occidentale.

Grazie alle tradizioni shintoiste e buddiste,i giapponesi non hanno avuto mai molta propensione per le dicotomie come bene-male,anima-corpo né per la netta distinzione tra uomo e natura tipica delle religioni monoteiste,spiega Massimo Raveri,docente di storia della filosofia e delle religioni del Giappone all'Università Ca' Foscari di Venezia.
I giapponesi tendono a considerare uomini e natura come un tutto unico e integrato,perciò sono più liberi anche nella sperimentazione scientifica:non sentono di sostituirsi a Dio se creano un robot antropomorfo.
La robotica umanoide diventa anzi un modo di studiare meccanismi fisici di funzionamento(come ridiamo,come gesticoliamo)ma anche la comunicazione tra esseri umani,avvicinandosi alle neuroscienze e alla psicologia.
Proprio questo  è il nucleo del lavoro del professor Hiroshi Ishiguro,dal cui laboratorio dell'Università di Osaka escono di continuo nuovi geminoidi e androidi,che vengono presentati poi a persone in carne ed ossa.
Generalmente,in un primo istante gli androidi vengono scambiati per umani.L'obiettivo del professor Ishiguro è che il tempo  per distinguere un androide da un umano arrivi a dieci dieci minuti,il raggiungimento della sonzai kan :la vera 'presenza'umana.
Un obiettivo forse più ambizioso del raggiungimento di una società composta da uomini e robot.

Nel video sotto,il professor Ishiguro a confronto col suo geminoide.




Bibliografia:Murelli,2011, Meridiani.

4 commenti:

  1. E' impressionante! Sono davvero dei geni in questo campo. Io trovo che i robot così "umani" siano parecchio inquietanti...Avevo visto un film di animazione in cui c'era un locale segreto per robot con sentimenti umani, in cui potevano fare amicizia e comportarsi come persone. Non mi ricordo il titolo...
    Comunque sono affascinata dalla scienza, anche se a volte mi fa un po' paura!

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  2. A me fa paura l'idea che mi ci vogliano 10 minuti per capire che sto interagendo con un androide e non con un essere umano...è l'obiettivo che stanno tentando di raggiungere!

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  3. Concordo con voi, è davvero inquietante come idea. Già il geminoide del professore è impressionante, non è ancora così perfetto da trarre in inganno per 10 minuti ma il modo in cui sbatte gli occhi e muove il viso è veramente realistico.
    La mancanza degli ostacoli culturali e religiosi alla sperimentazione è un grosso vantaggio, ma non so se invidiare una nazione così spaventata dal diverso che, avendo bisogno di forza lavoro, preferisce costruire robot piuttosto che permettere l'ingresso nel paese di immigrati.

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  4. @automaticjoy:hai centrato il nocciolo del problema,il Giappone è una realtà talmente chiusa che il governo preferisce puntare sulla ricerca sugli androidi invece che fare entrare manodopera nel paese.Sicuramente l'integrazione è difficile ovunque,ma credo che in nessun altro paese vi sia una situazione simile...

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